CONTROMATTINALE 100/17

Come molti di voi sanno oramai, da dieci anni circa vivo a Venezia a tempo pieno. Ne conosco dunque, dal di dentro, pregi e difetti, disagi e problemi. Forse anche più dei locali che meno di me hanno parametri utili al confronto. M’innesto quindi nella polemica del giorno con qualche cognizione di causa. Tutto parte dalla recente decisione del sindaco PD Nardella di far bagnare strade e piazze fiorentine per scoraggiare il bivacco, sosta e colazione al sacco, magari seduti appunto a terra.

Firenze, non meno di Venezia ma anche di gioiellini come Capri e le Cinque  terre, soffre per l’eccesso di turismo. Dopo esserci lamentati per anni della scarsa capacità attrattiva delle nostre città d’arte e cultura come di quelle benedette dalla natura paesaggistica, eccoci adesso a gridare contro. Il fatto è che le due tendenze sono apparentemente antitetiche ma quanta ricchezza portano i turisti da bivacco? Oggi qualcuno ci ricordava la composta flemma dei turisti che aspettano di entrare al Louvre o alla torre di Londra. Non una carta a terra e non una protesta. A quelli aggiungo quegli automobilisti che, serissimi e disciplinati in Germania come in Belgio si scatenano poi da noi pensando forse a Monza o alla creativa anarchia nostrana.

Un esempio il mio, per ricordare come sia l’ambiente a generare comportamenti e, da noi, l’ambiente è sfavorevole. Contestare al turista la carta a terra subito dopo aver buttato il sacchetto dell’immondizia in canale è contraddittorio. Da noi si pretende sempre che sia l’altro ad essere virtuoso. Se l’immondizia in canale è un caso limite non lo sono, in Laguna, le miriadi di negozietti di souvenir, tutti rigorosamente provenienti dalla Cina,  o i fast food, spesso gestiti da cinesi, privi di spazi adeguati e magari di cestini per le cartacce. Problemi tutti questi ascrivibili a Venezia e veneziani  che hanno svenduto città e sue ricchezze artigianali.

Se Venezia, più di Firenze o Roma rischia di essere il parco tematico per antonomasia, grazie alla sua struttura, croce e delizia del fenomeno turistico di massa, tutto il nostro paese è seduto sulla propria ricchezza ma anche sulla propria rovina. Che senso ha intasare Venezia come Roma, Taormina come Firenze, Milano stessa come Palermo o Volterra? Chi ha molti gioielli non per questo li lascia sporcarsi o li svende per poco.

Ho in mente la metamorfosi di un’isola sofisticata come Capri che un tempo era un’oasi e che nel tempo si è trasformata in una bolgia. Ne parlavo l’ultima volta che ci sono stato, già anni fa, col giovane cameriere di un bar, rivelatosi praticante di studio legale a Roma ma in momentaneo appoggio alla famiglia che gestisce il locale. Lamentava con me il restringersi nel tempo della stagione turistica e la parallela involuzione della stessa. Si era in Settembre e lui era già pronto a rientrare a Roma perché a Capri, dopo il convegno dei giovani industriali, appunto di Settembre, il turismo crolla. Se consideriamo che sta iniziando adesso, da Giugno a Settembre l’arco temporale turistico è ridicolmente limitato.

Non  sarebbe allora opportuno varare una politica turistica che agisca su più fattori, privilegiando qualità a quantità, inaccettabile anche per chi la debba sopportare? Il famigerato numero chiuso, chessò, per Capri e le Cinque terre o il pagamento di un biglietto-tassa che consenta a Nardella e Brugnaro di limitare i flussi ma anche di fare manutenzione e educazione? Se il turismo è una risorsa, non svendiamola cedendo al ricatto populista. Vedere il Papa a S.Pietro e non in televisone è un lusso che va fatto pagare, non deve restare a carico dei romani che già sono aggravati da Politica e  Diplomazia che affollano la città, eterna ancora per quanto?

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