CONTROMATTINALE 205/20

Ho un amico che ha la deplorevole tendenza a prendere un po’ troppo sul serio le notizie ufficiali. Io provo a spiegargli, di volta in volta, come ci sia una divaricazione fra dati formali e sostanza, fra discorsi ufficiali e realtà minute. Da alcune sere, nei TG, ci mostrano dei signori che, compunti, misurano col metro la distanza fra i banchi scolastici. Questa l’ufficialità che ci mostra anche banchi moderni e aggiornati. Poi leggiamo che la disponibilità dei nuovi banchi sarà limitata, almeno in fase d’avvio dell’anno scolastico. Un avvio che si avvicina, come data, a passi da gigante. Me lo segnala, in linea indiretta, la serie di nuove campagne pubblicitarie che lanciano i kit di montaggio, a breve in edicola, di una gran turismo d’epoca, la Lamborghini Miura, e di una nave da guerra, ancora più impegnativa da assemblare. Campagne queste, tipicamente stagionali, da rientro dalle vacanze.

Vi cito queste due iniziative solo perché, ribadisco, segnano lo scorrere della polvere in quella clessidra immaginaria che un po’ tutti abbiamo in mente. I banchi e le distanze misurate sono la teoria dunque ma, se  i ragazzi di oggi non sono  diversi da quelli di ieri e dell’altro ieri, faccio fatica a immaginare questi tavolinetti leggeri o, addirittura, quelle sedie che incorporano anche il tavolino di scrittura, fermi al loro posti, con le famigerate distanze di sicurezza rigorosamente rispettate. Immaginate insegnanti e assistenti scolastici come da tempi chiamano i nostri bidelli, ogni giorno col metro lineare a misurare le distanze? E, visto che ci siamo, anche qualcuno che si presti, in accesso, alla rilevazione delle temperature corporee? Un amico che è sia padre di adolescenti che ingegnere, non in esercizio, segnala come l’adozione di rotelle nei banchi di nuova generazione sia un errore grave. Lui, da tecnico, rimarca gli aspetti specifici e la durata nel tempo di quei banchi. Io ci aggiungo la vivacità dei ragazzi che, accetto scommesse, lasceranno le rotelle libere per essere loro stessi in grado di accostarsi alla compagna preferita, in sboccio adolescenziale, o di allontanarsi dal controllo, dalla temuta cattedra dei docenti.

A proposito, avete visto come il prelievo per l’effettuazione dei tamponi negli aeroporti italiani sia diverso come modalità, normativa, tempi di effettuazione e tempistica nell’adottarli? Gli aedi del regionalismo saranno entusiasti e mentre il cazzuto governatore De Luca minaccia di chiudere i confini della Campania, altrove si danno da fare per sperimentare quel vaccino salvifico che bloccherà morti e malati, quelli stessi che alcuni negano perfino.

La notizia buona è che un po’ tutti ci stanno lavorando, in corsa contro il tempo. Quella cattiva? Pessima, direi, è quella che ci suggerisce di prevedere ancora un paio d’anni difficili e non ci spiega se si dubita sulla disponibilità del vaccino, ovvero sulla sua pronta diffusione o se i due anni maledetti lo saranno “solo” per la ricaduta economica negativa, a livello mondiale, isole incluse.

Nel frattempo ci offrono un’applicazione che dovrebbe rendere più facili le ricerche sui contatti dei contagiati. Io la cerco on line, da cellulare come prescritto, ma non la trovo. Chi l’ha già scaricata mi da’ una mano? Dopo averla disinfettata, certo e con le mascherine entrambi sul viso.

CONTROMATTINALE 204/20

Ieri sera (non) ho visto un film semiserio che immagina la collaborazione fra un agente segreto americano ed uno russo in rappresentanza dei rispettivi paesi- La parentesi sta a indicare come. grazie al digitale terrestre, tanto osannato, salvifico e fermamente voluto dalla destra berlusconiana, possa accadere di iniziare a vedere un programma la cui conclusione rimane da qualche parte. Ieri sera non mi è riuscito di arrivare alla fine del plot ma ci riflettevo comunque, ricordando a me e a voi come solo la finzione cinematografica possa immaginare tali storie.

La realtà può essere, ed è di fatto, ben più drammatica ed attinge, in queste ore, da almeno due storie di provenienza, appunto, americana e russa. Mi sono frenato dallo scrivere sovietica per evitare di essere stucchevole, ma la matrice originale è, appunto sovietica. Ricordate Steve Bannon? Considerato un guru della politica USA e consigliere molto apprezzato e ascoltato da Donald Trump? Secondo alcuni, fu determinante nel successo elettorale del Presidente, secondo altri,  sarebbe uno che sa solo sollevare polveroni e, infatti,  entrato in crisi col suo boss, uno che litiga con tutti, nemici ma soprattutto collaboratori, era venuto in Italia. Aveva acquistato, niente di meno, un’abbazia, e pensava di farne la sede di una fondazione con l’ambizione di tenere seminari e corsi più prolungati a favore della classe dirigente nostrana, ovviamente di destra filo repubblicana.

Misteriosa per me la scelta  del nostro paese così come ignoro le ragioni del fallimento dell’operazione che, ci dicono, si è fermata prima della nascita. Ce lo ricordano perché, in queste ore, Bannon è stato incriminato ed arrestato con l’accusa di aver intascato una bella cifra, sottratta da un fondo destinato a finanziare l’edificazione del muro che deve tenere lontani i desperados che vorrebbero entrare in USA. Mi domando se sia lecito che un  privato non solo raccolga fondi ma, addirittura, si metta a tirare su, in proprio, un muro fra due stati sovrani. Beh lui sosteneva di volerlo fare ma pare che si sia limitato a poche decine di metri, più simbolici che reali, mentre i fondi raccolti, per nulla simbolici, sembra li stesse usando a fini diversi e del tutto personali. Adesso è in galera e vedremo poi come andrà a fine ma permettetemi di ricordare come in quella regione del mondo possa capitare a ricchi e potenti di finire al gabbio mentre da noi, in Europa e non solo in Italia, non è possibile, per prassi più che per diritto.

Contestuale la brutta storia dell’oppositore di Putin, quello che alle ultime elezioni avrebbe voluto candidarsi alle lezioni in veste anti Putin ma che si è trovato il modo di fermare, prima della sua candidatura. Si tratta di un giovane che in passato è stato arrestato più volte per adunanze sediziose, ovvero per manifestazioni anti regime, proibite perché a Putin non garbano. Adesso ci dicono che sta male ed è probabile sia stato avvelenato col plutonio, una specie di firma di regime.

Non sappiamo se ce la farà a sopravvivere e con quali gravi conseguenze per la sua salute ed aspetto fisico, nel caso. Sappiamo però come da quindici anni ci siano stati numerosi casi analoghi e se il regime “concede” al poveretto la scelta di curarsi in Germania, questo significa poco o, forse, indica la speranza che muoia altrove. Tanto, in  passato, alcuni casi di avvelenamento analoghi si sono consumati proprio all’estero.

CONTROMATTINALE 203/20

Super Mario ha parlato e subito si sono scatenate le polemiche, secondo posizioni politiche. Il discorso che Draghi ha letto al meeting di CL è stato definito, da alcuni, banale e aria fritta. Ieri sera mi sono preso la briga di leggerlo e anche se leggere on line documenti che eccedono pochi minuti di tempo, non è agevole per me, ne ho potuto apprezzare il tono generale. Un tono che è spiaciuto a molti giornalisti commentatori della destra ma anche a Travaglio che non so collocare, se non nella sua area personale, non so se travagliata o, più probabilmente, travagliesca.

Dicono che il discorso di Draghi sia stato banale in quanto ha ripreso temi già noti. Vero, ma se individua il problema dei giovani come il problema prioritario da affrontare non scopre nulla di nuovo. Indica però una priorità sacrosanta e un tema che da troppi anni viene sfiorato nei discorsi, senza peraltro affrontarlo davvero.  Rivoluzionario è già affrontare i problemi e smettere di cincischiare, parlandone a vuoto.

Ho appreso, contestualmente alla mia lettura notturna, che il discorso era per il solito convegno di Rimini ma mentre negli anni passati le televisioni e i mass media ce ne davano ampi servizi, quest’anno pandemico gli ha messo la sordina. Non so se si svolga regolarmente a Rimini, malgrado l’esigenza di evitare assembramenti, o se sia virtuale, come alcuni altri eventi, in giro per l’Italia. Da qualche sera, infatti, vedo dei commercial che, fra un dentifricio e un produttore di divani, pubblicizza il prossimo festival cinematografico qui in laguna. Ne so pochissimo ma ho parecchi dubbi sul fatto che, come ogni anno, ci possano essere le solite star internazionali, fra belloni stagionati e attrici, equamente suddivise fra emergenti semi sconosciute e conosciutissime ex sexy star. Sospetto che vedremo i soliti giornalisti Rai, quelli decisamente attempati, specie il maschio, più adatto a fare il portavoce ministeriale che a raccontarci i fasti della settimana dal Lido.  Immagino che le sale da proiezioni dovranno garantire il famigerato distanziamento sociale, dimezzando almeno le presenze in proiezione mentre la probabile assenza di divi americani ridurrà o azzererà le frotte di ragazzini in caccia di autografi.

Poco dopo, anche un altro evento annuale, l’incontro dei giovani industriali a Capri potrebbe segnare la chiusura della stagione. Ma di quale chiusura si parlerà se, per quello che ne so, non c’è mai stata un’apertura?  La famosa piazzetta è talmente piccola, una bomboniera dicono i conformisti poco creativi, da non poter consentire alcun isolamento mentre mi domando se e quando possano aver aperto, sia i grandi alberghi che le piccole pensioni, affittacamere inclusi.

Stiamo vivendo una realtà modificata, coi politici che ci parlano  con la mascherina al collo e, più spesso in mano, mentre la scollatura fra i loro discorsi della bandiera e la realtà è sempre più profonda. Adesso sono i banchi scolastici, ultima generazione, in frenetica produzione ad hoc a tenere banco mentre si prevede l’uso delle mascherine lungo tutta la serie di lezioni collettive. Mascherina sul volto per almeno  quattro ore e in un’aula chiusa e già soffocante, in tempi normali? La normale ossigenazione cerebrale, utile a formulare pensieri sensati e, al limite, alla vita vera e propria, dove la lasciamo?

CONTROMATTINALE 202/20

Due personaggi vengono alla ribalta in queste ore e sono l’anziano Cesare Romiti e il relativamente giovane Draghi, il primo protagonista nella vita economica del secolo scorso e il secondo di quella attuale e, pare, futura. Non ho conosciuto personalmente nessuno dei due ma con Romiti ci siamo sfiorati, lui già manager di successo e di passaggio ad una nuova avventura e io in ingresso in quell’azienda romana che stava cambiando pelle. Se la lettera di assunzione era ancora intestata Bombrini Parodi Delfino, appena pochi giorni dopo, i miei documenti aziendali erano già Snia Viscosa, a segnare l’operazione  di acquisizione da parte “di Milano”. Se dunque non feci a tempo a conoscere Romiti, partecipai come ultima ruota del carro, più di mezzo secolo fa, a riunioni in cui conobbi un altro ragioniere, romano come Romiti, ed era Mario Schimberni che, come il primo, fece rapidamente carriera al Nord, in una stagione in cui i romani primeggiavano. A saldare il tutto, ricordo un breve colloquio col vertice dell’Oreal, un terzo romano che comandava in un’azienda torinese ma di origine, addirittura internazionale e, se i due erano dei ragionieri, questo vantava, piuttosto, una laurea molto umanistica e forse anche una seconda. Probabilmente fu proprio questa specifica sensibilità che gli suggerì di non assumermi, nella convinzione che una città chiusa come la Torino degli anni sessanta mi avrebbe massacrato, come paterno mi disse.

Ascoltavo e leggevo i famigerati coccodrilli su Romiti e mi dicevo che non poteva mancare, dissonante, Marco Travaglio che è estremamente prevedibile nel suo conformista anti conformismo. Qualcuno ci ricordava come, dopo molti anni di stretta collaborazione con Gianni Agnelli, si dessero sempre il lei. Il punto è che Agnelli in quegli anni mandava avanti il suo mastino, tutto preso, secondo me, dal suo ruolo di sovrano informale, coi sudditi del Lingotto in piena rivolta. Non dimentichiamo come lo stesso skipper che si permetteva di arieggiare en plein air i sui gioielli di famiglia mentre era alla ruota del timone della sua barca, avesse uno stuolo di vassalli o di giullari e nani di corte. Fra i tanti, ricordo i fratelli Fabbri che salvò da possibile fallimento, inglobando la loro azienda nel più ampio settore editoriale dell’EFI, per non dire del suo plenipotenziario in USA, quel Furio Colombo che gratificava col titolo inedito di “checca pakistana”.  Uno così, al più da il tu ma pretende il lei e quindi il lei reciproco era segno di rispetto, più che di distanza, secondo me.

Lasciamo allora la dinastia Agnelli e torniamo solo per un attimo in casa Romiti per ricordare come, uscito da Torino con una paccata di miliardi, seppe far fruttare la cosa in nuove avventure, incluso il terziario avanzato in cui suoi nipoti, almeno anni fa in cui ero aggiornato, se la passavano benone.

Draghi, dicevo, è di una generazione successiva a quella dei Romiti Schimberni e Agnelli e, dopo la Banca d’Italia, in Europa ha maturato esperienza internazionale di primissimo ordine,utile per noi tutti in un momento delicatissimo della nostra storia repubblicana. Non so in che ruolo, forse al Quirinale, ma so come la preziosa esperienza tecnica ed internazionale dell’ex Governatore vada usata al meglio nella gestione dei fondi, tanti ma da motivare correttamente e da seguire altrettanto scrupolosamente nella loro gestione successiva. Chi meglio di “super Mario”? Non idraulico ma salvatore della patria.

CONTROMATTINALE 201/20

A quanto dicono, ci sarebbe in atto una competizione fra Carlo Calenda e Matteo Renzi, entrambi fuoriusciti, in momenti diversi, dallo stesso partito ed entrambi in caccia di un centro politico che non esiste più. Circola da tempo una favoletta, quella secondo cui, dopo la Democrazia Cristiana non ci sia più alcuno spazio al centro. Non so voi ma sono abbastanza attempato per ricordare le avventure della Democrazia Cristiana, egemone tanto a lungo nel nostro paese. Centro? Siamo poi così sicuri che fosse un partito di centro?

Io ricordo un partito corazzata che, di volta in volta, si faceva scortare e servire da cacciatorpediniere e imbarcazioni ben più piccole, battenti bandiere rosa o perfino nere. Certo, i congressi di partito a volte ratificavano il presente come, raramente, segnarono una svolta, come un famoso congresso, credo di Napoli, in cui Aldo Moro, uno poco portato per le rivoluzioni, ne portò una epocale, non urlata, che apriva alla sinistra di Berlinguer. Non fu certo un caso se poi  si arrivò al sequestro del leader di quel partito e successiva sua uccisione con macabro rituale. Nemmeno la morte in diretta televisiva di Enrico Berlinguer fu del tutto casuale, meno misteriosa ma altrettanto puntuale e simbolica, se ci riflettete. Poi ci pensò Craxi ad affondare definitivamente quella stagione e a lasciarci un Berlusconi, allora pimpante ed impunito, adesso solo impunito ma tuttora presente, fra trapianti, botulino, bunga bunga e sogni impossibili.

Insomma, esiste un centro in Italia e uno spazio politico che vada, in termini numerici, al di la di cifre sotto il dieci per cento? Penso proprio di no e, del resto, credo che l’esperienza politica italiana d’epoca sia affatto diversa da quella di altri paesi, con la Germania di Adenauer e Koll e la Francia di De Gaulle e Giscard d’Estaing. I cattolici, se ci sono, non sono più disponibili a sacrifici, a lunghe quarantene, a favore “della causa” ed ecco le uscite di Renzi e di Calenda.

Se il primo ha un genitore da farci dimenticare, il secondo vanta una madre e, soprattutto, un nonno cineasta ma credo che anche a lui serva far dimenticare la circostanza.  Gli scheletri di famiglia, meglio lasciarli nell’armadio degli abiti smessi per sempre. Anni fa, un mio amico e cliente, riferendosi ad un suo collega, mio amico e cliente parimenti, sosteneva che due galli non possono vivere nello stesso pollaio e, infatti, se ne uscì da quella Società dolciaria per dirigerne una seconda, diretta concorrente di quella di provenienza. Non so se Calenda e Renzi conoscano questo pseudo principio ma sembra che lo stiano attuando, perfino malamente.

Raccogliere briciole di consenso, dopo momenti di successo, può essere pericoloso, creando una nicchia (di mercato?, di consenso?) che è destinata a restare tale. Metter su una nuova società, una Ditta come direbbe Bersani, richiede accordo e suddivisione di compiti e responsabilità. Una “cosa” che, se ben gestita, senza personalismi interni, potrebbe perfino funzionare e, non ditemelo, potrebbe creare alleanze con partiti contigui ma diversi. Uso, accuratamente, il condizionale perché ho la certezza morale che quanto auspico non avverrà. Perché due galli nel pollaio non possono coabitare, è noto perfino agli analfabeti.

CONTROMATTINALE 200/20

Ieri sera ho rivisto in televisione un film che risale a qualche anno fa e che ricordavo abbastanza bene, a mano a mano che le scene mi si proponevano, salvo gli ultimi minuti, una decina, per me del tutto nuovi. Esclusa una dimenticanza selettiva, non escludo  la possibilità che la prima volta io abbia dovuto interrompere “sul più bello” la visione del film. Un film/fumetto, tale sia nell’uso del mezzo come anche nel linguaggio parlato come anche nello stile di questo, costantemente enfatico nella forma e sopra le righe nella sostanza. L’uso sapiente di un bianco e nero in cui il nero prevale nettamente sul bianco e poi un uso selettivo del colore che pure è presente, specie in sequenze da sottolineare e allora abbiamo gli occhi color smeraldo della femme fatal che brillano in un frame tutto nero, con poco bianco.

Gli schizzi di sangue ravvivano le scene nel cupo B/N di cui vi dicevo, così come il taglio delle inquadrature, quelle in esterno con le auto che corrono coi fari accesi nella notte, sono spesso prese dal basso e con la deformazione da primo piano che solo nei disegni puoi creare. I morti ammazzati poi, sono tanti e quasi sempre indifferenziati, a mucchi vengono sterminati con le armi da fuoco di legioni di bellone o decapitati dalla bellissima asiatica che ti fa venire la voglia di essere da lei decapitato senza indugi, mentre il livido bianco e nero delle scene di nudo, non poche ma spesso prese in contro luce, manca quasi di sensualità, col preciso scopo, raggiunto in pieno, di mostrare la strumentalità con cui la famme usa il proprio fascino sensuale per i suoi obiettivi fatali.

Per farla breve, l’innesto del linguaggio dei fumetti, nel mezzo espressivo che conosciamo nel cinema, coi sistemi espressivi più classici da noi conosciuti, crea un fascino incredibile, estetico ed intellettuale. I titoli di coda poi mi hanno rivelato quanto era possibile intuire ab origine, ovvero il fatto che il film era diretto dall’autore originale delle storie, disegnate per la carta stampata. Una trasposizione, non so se e quanto sperimentale, che mi è parsa pienamente riuscita se consideriamo che il cast dei personaggi maschili è composto da attori tutti di gran nome ma, tanto per non fare nomi, con un Mike Rourke quasi irriconoscibile, grazie alla maschera da duro cucitagli addosso. Un eroe positivo che dopo aver fatto una carneficina, usando due fucili mitragliatori, uno per mano, si accenderà poi, con flemma, l’ennesima sigaretta, una delle tante che si sprecano, perfino più dei morti ammazzati.

Insomma, un film che non sarebbe mai potuto passare attraverso le maglie della censura preventiva, ai tempi del codice Kefauver e che oggi passa del tutto indisturbato, salvo le solite raccomandazioni che ne precedono la messa in onda in prima serata televisiva. Il trash piace? Sembra di si, se anche io che non sono di palato facile l’ho apprezzato, ma il cui limite è evidente. Un esperimento provocatorio che, a mio avviso, funziona solo come una tantum. Se, invece, volesse essere una testa di serie, credo che in breve si potrebbe ridurre ad un manipolo di aficionados, perdendosi per strada gli estimatori “della prima ora”. Non a caso non avevo visto le ultime sequenze, forse perfino superflue e ridondanti.

CONTROMATTINALE 199/20

Ci sono notizie o solo climi che vagolano in aria, penso, altrimenti non si capisce proprio come mi possa accadere di ragionare su qualcosa e poi imbattermi su un articolo di giornale o su un dibattere on line sul medesimo tema. Non so come ma, proprio in queste ore, pensavo alle testate giornalistiche che hanno contribuito, da sessanta e forse più anni, alla mia formazione politico culturale. Ero ancora quasi un bambino quando uno zio acquisito, cognato di mia madre, mi iniziò alla lettura della testata Panorama che, allora, si distingueva per posizioni progressiste e per un taglio redazionale uniforme, articoli brevi e pieni di sostanza. Poco dopo, L’Espresso, ancora nel suo formato lenzuolone, mi fu raccomandato da colui che poi divenne mio cognato e cui devo i tre nipoti e bisnipoti di cui godo anche adesso.

A queste due testate base si affiancò, per mera contiguità, Il Mondo, anch’esso lenzuolo ma dalla grafica meno urlata e già più coerente coi contenuti meditati e colti, meno scandalistici delle altre due testate. Erano gli anni di Arrigo Benedetti, Sandro De Feo e perfino di uno Scalfari ancora alle prime armi. Poi le tre corazzate hanno cambiato anima e faccia, con Panorama passato dal centro sinistra al centro destra, grazie alla cessione di Mondadori a Berlusconi, il Mondo ha subito la metamorfosi principale divenendo, già una vita fa, una testata prettamente economica prima di scomparite, non so se del tutto o solo dalla mia attenzione e L’Espresso, per mia colpa, ormai per me obsoleto e conseguentemente trascurato.

Il tema del giorno, non la testata ma proprio della settimana, è quello del peso specifico dei Paesi che si avvicendano in testa come nella scala per ordine d’importanza, economica principalmente. C’era una volta l’America, ovvero gli USA ma anche il blocco sovietico. Due giganti che hanno perso colpi, negli ultimi anni. L’URSS sia perché si è persa parecchi pezzi per strada, tornando ad essere la Russia e poi anche per obiettive difficoltà interne, ma anche gli USA che vedono il loro peso specifico decisamente ridimensionato dai giganti asiatici.

Qualcuno, dalla memoria storica meno distratta di altri, ci ricorda come la Cina, per quanto allora ancora molto lontana, ebbe un po’ di secoli fa momenti di notevole sviluppo economico ed influenza politica, citando la polvere da sparo, come esempio di tecnologia avanzata, usata purtroppo non solo per giochi pirotecnici, peraltro. Oggi la Cina, nell’andamento ciclico di decadenza e ripresa delle varie civiltà, si propone prepotente come leader economico in nuova inarrestabile ascesa. Ormai da molti anni, dai treni che percorrono le nostre strade ferrate vediamo tantissimi container con ideogrammi e con evidenti tracce di provenienza cinese. Si pensava, ingenui che si trattasse di forniture per i tanti ristoranti a cucina cantonese. Poi, di fronte ai negozi di pelletteria, tutti uguali, si è iniziato a considerare quel comparto ignorando come gran parte dell’abbigliamento economico arrivi sempre da lì.

Non basta, perché pare che le aziende in crisi vengano finanziate ed acquisite da giganti finanziari dagli stessi occhi a mandorla dei turisti che, a frotte e in tempi pre pandemici, affollano le nostre città d’arte.  Contro  questa inarrestabile tendenza ci sono alcuni che invocano azioni di contrasto, dazi supplementari e fermo sul fronte della collaborazione internazionale. Si tratta di gente che manca totalmente di senso della Storia. Piaccia o non piaccia, la Cina è davvero vicina, oggi, a distanza di più di cinquanta anni dal film di Marco Bellocchio.

 

CONTROMATTINALE 198/20

Oggi è Ferragosto ma io ero rimasto indietro di un giorno e me ne sono reso conto poco fa. Uscito per “conferire l’immondizia” scopro che la guardiola del portiere è serrata come peraltro la zona dei rifiuti. Questo dato cronologico mi spiega come mai una commissione parlamentare, presieduta dalla simpatica Debora Serracchiani si sia  tenuta da casa e poi girata in farsa. Ce ne da’ conto un lungo articolo del Corsera che la segue per i lettori, punto per punto.

A me è sempre piaciuta la ex presidente della Regione Friuli Venezia Giulia e ci viene raccontata come abbronzata e compunta nel suo ruolo pubblico. La commissione doveva ascoltare, in video conferenza, il presidente dell’INPS  sulla brutta faccenda del sussidio, richiesto e non rifiutato a politici che non ne avevano diritto. La bella Serracchiani era, come tutti i partecipanti collegata via web e questo dato è alla base dell’effetto Helllzapoppin, un geniale film del millenovecentoquarantuno che, essendo di produzione americana, arrivò da noi circa dieci anni dopo e che, bambino, mi aprì nuovi orizzonti verso un umorismo stralunato, per me del tutto nuovo, abituato al Totò di quel periodo. Se avete presente la nostra comicità latina, con quel film siamo agli antipodi. Collegamenti da casa per tutti i partecipanti motivati dall’urgenza della materia da trattare e dalla data immediatamente precedente il ferragosto odierno.

Eppure, a seguire le vicende di ieri, raccontate passo dopo passo, siamo in pieno clima farsesco.  La Serracchiani pare fosse nel suo studio privato, circondata da faldoni chiusi ,  da documenti, sparpagliati un  po’ ovunque in un disordine molto operativo.  Inutile dire che, in questi casi, si cerca di verificare se tutti i convenuti siano collegati e già da subito si notano sfasature. Audio e video non ne vogliono proprio sapere di concordare e ci vuole anche del bello e del buono per mettere tutti in collegamento, col presidente INPS, principale protagonista. Tema scottante la relazione che questi deve, alla commissione, in merito ai sussidi indebitamente richiesti ed erogati a politici che non ne avevano, pare, diritto.

Se questo personaggio resta quasi invisibile, a lungo, col solo cuoio capelluto in primissimo piano, la presidente della commissione, la Serracchiani si vede costretta a cambiare ambiente per ben due volte, pare per problemi di connessione, per poi ridursi al collegamento a mezzo cellulare.  In compenso qualcuno assetta meglio il computer dell’imputato, pardon, del testimone presidente INPS e un po’ tutti lo abbiamo visto in fermo immagine, come i TG ce lo proponevano, poco visibile in volto ma con una giacca a quadri che, per coerenza, mi ha ricordato quella “color zafferano della bella Gigogin”.

Una riunione farsa, sia per le modalità tecniche, si fa per dire, che per la reticenza inaccettabile da parte del dirigente che andrebbe silurato, per negligenza e poi per poca trasparenza. Non ci si può appellare alla legge sulla privacy se si possono configurare ipotesi di reato, come l’appropriazione indebita e la truffa ai danni dello Stato, ovvero miei e di chiunque mi stia leggendo invece di nuotare da qualche parte.   Può essere perfino comprensibile che un consigliere comunale di un paese di poche centinaia di abitanti possa essere in difficoltà economiche ma lo sarebbe molto meno se si dovesse scoprire, e accetto scommesse in merito, che consiglieri comunali di Milano, Torino, Roma e Napoli fossero fra coloro che hanno chiesto e perfino ottenuto il famigerato sussidio a favore delle partite IVA in difficoltà, per un calo di reddito di almeno un terzo rispetto all’anno precedente.

CONTROMATTINALE 197/20

Ieri è stata una giornata storica per Israele e, non a caso, Trump ha twittato trionfante sul tema: Emirati arabi e Israele hanno siglato un accordo di pace che apre una nuova era nelle relazioni ma non solo. Risultato a breve: apertura di ambasciate ed effettiva normalizzazione dei rapporti bilaterali, dato che va a saldarsi con precedenti collaborazioni in ambito tecnologico. Da tempo si aveva sentore di qualcosa in movimento e, inevitabilmente, Netanyahu ha dovuto concedere qualcosa alla controparte, rinunciando definitivamente alle annessioni territoriali. Per la verità la formula adottata è meno definitiva ma, come sempre, la diplomazia deve tenere conto delle varie istanze locali e proprio il leader israeliano è costretto a tenere buoni quei partiti politici di matrice fortemente religiosa che aspirano ad una grande Israele, grande proprio in senso fisico territoriale.

Sono trascorsi molti anni da quando, prima l’Egitto e poi, ancora parecchi anni dopo, anche la Giordania hanno normalizzato i rapporti con Israele e ora è la volta degli Emirati. Secondo alcuni commentatori questo passaggio rappresenta un ponte verso una possibile analoga soluzione con l’Arabia saudita, un paese determinante nell’area che, per ragioni d’immagine, preferisce attendere ancora ma che considera le ultime novità dell’area come altrettanti passi avanti in chiave difensiva anti iraniana. Perché va detto ognuna delle parti ha la propria convenienza, non solo strategica, di ampio respiro, cioè, ma anche tattica, per arginare problemi contingenti.

A Netanyahu serviva un successo personale per oscurare scandali familiari e le ben note difficoltà elettorali, costretto com’è ad alleanza ticket che penso gli siano indigeste. Gli Emirati, dopo anni di vacche grasse, ovvero di petrolio strabordante e di caccia col falcone fatta  non più a dorso di cammelli ma su Rolls Royce dotate di condizionatore e frigo bar, adesso rischiano la recessione. L’alleanza con Israele, perché di questo si tratta, comporterà una collaborazione in ambito tecnologico di cui gli Emirati hanno estremo bisogno se vogliono investire in maniera produttiva le immense ricchezze accumulate nei decenni della crisi energetica. Risorse queste che potranno dare un impulso ulteriore nelle alte tecnologie in cui Israele, da sempre, investe con risultati eccellenti e che potrà condividere, in tecnologie e soldoni, coi nuovi partner finanziari.

C’è poi la questione dell’Iran, più  o meno nucleare, che impensierisce un po’ tutti nell’area e a dividere arabi e persiani c’è, fisicamente, solo uno stretto che i moderni razzi passerebbero in pochi secondi. Perché la vecchia ruggine fra sciiti e sunniti si trasforma in potenziali guerre che non so se sarebbero fratricide ma, certamente, potrebbero scatenare di tutto e “questo, noi non lo vogliamo”.

Inevitabile che i palestinesi che vorrebbero, se non buttare a mare “i sionisti” come non si stancano di minacciare da almeno sessanta anni, continuare con azioni terroristiche per campare alla giornata, puntando su aiuti internazionali e sull’odio interno anti israeliano, siano su tutte le furie. La loro leadership può rinnovarsi coi ritmi del bradipo ma, chiunque sia al vertice, arricchisce personalmente ed incrementa potere nella misura in cui ogni possibile trattativa concreta si allontani. Camp David insegna.  C’è allora da aspettarsi un incremento delle attività terroristiche che non saprei proprio prevedere nella forma ma che sono certo si manifesteranno nella sostanza. Il guaio è che gli organismi internazionali non intervengono in alcun modo per arginare il fenomeno, magari stringendo i cordoni della borsa. L’ONU se ne frega e allora tocca ai Paesi ingegnarsi e raggiungere accordi con i vertici, Trump per primo, gongolanti.

CONTROMATTINALE 196/20

Adesso che sono finalmente emersi i nomi, non dei furbetti ma dei mascalzoni che si sono indebitamente presi il sussidio, le loro spiegazioni hanno dell’incredibile. Una tizia ci dice candida, di aver commesso una leggerezza, mentre il suo collega di vicenda e di partito, industriale tessile ci dice, distratto, che è stata la sua mamma a fare tutto per lui. Poi, in altro contesto, accusa il proprio commercialista e, magari, si tratta proprio della mamma che potrebbe coprire i due ruoli e forse, anche il terzo di socia. Il loro leader Salvini tuona e li sospende ma, per ora, se li tiene stretti, anche perché, dicono, attualmente è presente alle Camere in misura molto più elevata rispetto alle attuali intenzioni di voto dell’elettorato, confuso fra Nord e Sud, fra terroni ed immigrati.

Ci lamentiamo ogni volta che in Europa, nelle istituzioni di Bruxelles, ci trattano da disonesti e da straccioni. Ci scoccia da matti e, per tutta risposta, ci diamo un gran da fare per dimostrare che quelli hanno ragione. L’ultima, appena appresa dalla rassegna stampa di stamattina ci arriva dal signor Conte. Forse avrei dovuto scrivere “signorino” dato che sembra non sia sposato ma questo non gli impedisce di intrattenere una relazione stabile con una signorina che, come tutti noi, ha madre e anche padre. Il suocero informale del signorino non è un semplice impiegato del Catasto ma è proprietario di un grande albergo. Pare che una recente disposizione governativa abbia condonato evasioni fiscali reiterate e, fatalità, al non suocero albergatore il condono ha comportato un vantaggio milionario.

Non si parlava già tanti anni fa, di conflitto d’interesse? Allora era Berlusconi che tendeva a confondere Italia, Forza Italia e Italia Uno. Perfino il suo lessico del momento era lampante, in quel senso, e mancò poco che ci dicesse di essere il nostro re. A distanza di tanti anni le sue porcate sono state assorbite e forse perfino dimenticate,  anche a fronte di condanne penali e perfino di affidamento ai servizi sociali  e di sospensione dei  suoi diritti pubblici. Il mancato galeotto adesso pensa di concorrere per la più alta carica pubblica, quella stessa che Mattarella sta interpretando al meglio e, dunque, si corra ai ripari e si elegga al Colle un pregiudicato. In fondo, in chiave simbolica, sarebbe la giusta conclusione di una lunga stagione che fece coniare il neologismo “telecrazia”.

Nihil sub sole novi, se torniamo alla vicenda del suocero. Infatti, anni fa, un leader  amico e alleato di Berlusconi, in diretta televisiva gli chiedeva dalla platea, “Che fai, me ne cacci”?  e non si rendeva conto come la brutta storia di Montecarlo fosse un eccellente pretesto appunto per cacciarlo.

Ci dicono che, in fondo, i deputati felloni non sono stati scelti dall’elettorato ma da un sistema dei partiti che fa acqua da tutte le parti. Il guaio è che ci sono leggi che non possono continuare a variare in funzione delle esigenze specifiche di questo o quel ras politico, magari col figlio laureato in Albania. Fra queste, la legge elettorale. Tutte storie, tutti precedenti i nostri, che non solo giustificano le scortesie istituzionali che ci arrivano dall’Olanda, ma giustificherebbero ben altro, inclusa la nostra espulsione col classico calcio in culo da vignetta del Travaso. Cito un vecchio giornale satirico che sarà oscuro per molti dei miei  pazienti lettori, antesignano del Male, più recente ma assorbito anch’esso dagli eventi. In fondo la satira non serve, allorché i partiti politici e tutta la classe civile sembrano creare satira essi stessi.