Ricordo molti anni fa un caso quasi unico, un quotidiano di Pavia che era uscito, forse sessant’anni fa, con la data sbagliata. Succede ma il grave è che anche corazzate come Il sole 24 ore, sede faraonica a Milano e affettuosi rapporti con Confindustria e Piazza Affari, possa avere un richiamo dalla prima pagina alla pagina sei ma con tutt’altro testo perché in realtà l’articolo è posizionato in una pagina successiva. Se poco fa ho potuto cogliere questa chicca, perfidamente sceneggiata da Lamberto Sechi, non ho memorizzato chi abbia chiesto a Ricky Tognazzi cronaca dei suoi anni, forse felici, da bambino al mare. So solo che ne esce un quadretto d’epoca in cui, almeno in parte, mi è stato possibile riconoscermi.
Se è vero che il mare non bagna Roma è quasi vero che non bagna nemmeno Napoli, come recitava il titolo della Ortese. Immagino però che lei non ne facesse una questione fisica quanto piuttosto psicologica. Infatti lo sanno perfino i sassi come Partenope prima e poi Neapolis sorga ad anfiteatro sul mare. Lo vedevo in tutta la sua interezza, negli anni che Tognazzi rievoca nostalgico oggi, dalla nostra bella casa di famiglia, posta strategicamente in collina, fra Vomero e via Caracciolo. Lo vedevo e mi sembrava a portata di mano.
Mi sembrava, però, perché non solo il Vesuvio e Mergellina, visibilissimi, erano però lontanucci ma anche perché il mare balneabile ci chiedeva, negli anni cinquanta e successivi, un vero e proprio mini viaggio. Si andava a Lucrino e, anche se non “vestivamo alla marinara” per censo e calendario, avevamo anche noi le nostre abitudini, i rituali borghesi di quegli anni. Lucrino, per i non napoletani è una località inesistente, la lunga spiaggia che permetteva a numerosi stabilimenti balneari di offrire servizi come le classiche cabine e una struttura permanente che era accesso alla spiaggia ma anche bar, ristorante e perfino pizzeria. Fu anzi proprio a ridosso del pizzaiolo, in un emblematico Lido Napoli, che appena seienne vidi materializzarsi quasi per magia la pizza napoletana classica. Allora si era ancora essenziali e le alternative note erano due: la pizza marinara e la Margherita. Piano di lavoro semplice, a differenza degli attuali dove trova spazio perfino l’ananas, possibilmente fresco ma ci vedi decine e decine di ingredienti che vanno dalla salsiccia al peperoncino alle cozze & vongole.
Se in casa Tognazzi c’era un’allegra confusione che metteva assieme Gassman e Tognazzi, col secondo che cercava di tenere l’amico e collega lontano dalla depressione di cui pare Gassman soffrisse, la cronaca giovane del figlio non cita tutti i tanti aspetti mondani, come i tornei di tennis ma si sofferma su memorie infantili come le cure materne per le inevitabili spallucce arrossate, lenite col bianco d’uovo. Anni semplici in cui accanto a due tipi di pizze trovavi il bianco d’uovo ad empirico uso lenitivo.
Se Tognazzi, cui aggiungo io Gassman che era contiguo di villa, era ospite illustre del litorale romano, noi a Lucrino ci accontentavamo di Nino Taranto la cui villa, al di la della strada, quella che proseguiva per Capo Miseno, era additata come il top della mondanità, mentre ricordo che facevamo il bagno a mare con un Carlo Croccolo, giovane attore napoletano notissimo allora che teneva in testa una cuffia da mare, accessorio allora non solo femminile. Come eravamo allora non lo so più ma so che non sempre mi piace come siamo, incapaci di organizzarci oggi, in tre o quattro per bloccare un furioso omicida.