CONTROMATTINALE 178/22

Ricordo molti anni fa un caso quasi unico, un quotidiano di Pavia che era uscito, forse sessant’anni fa, con la data sbagliata. Succede ma il grave è che anche corazzate come Il sole 24 ore, sede faraonica a Milano e affettuosi rapporti con Confindustria e Piazza Affari, possa avere un richiamo dalla prima pagina alla pagina sei ma con tutt’altro testo perché in realtà l’articolo è posizionato in una pagina successiva. Se poco fa ho potuto cogliere questa chicca, perfidamente sceneggiata da Lamberto Sechi, non ho memorizzato chi abbia chiesto a Ricky Tognazzi cronaca dei suoi anni, forse felici, da bambino al mare. So solo che ne esce un quadretto d’epoca in cui, almeno in parte, mi è stato possibile riconoscermi.

Se è vero che il mare non bagna Roma è quasi vero che non bagna nemmeno Napoli, come recitava il titolo della Ortese. Immagino però che lei non ne facesse una questione fisica quanto piuttosto psicologica. Infatti lo sanno perfino i sassi come Partenope prima e poi Neapolis sorga ad anfiteatro sul mare. Lo vedevo in tutta la sua interezza, negli anni che Tognazzi rievoca nostalgico oggi, dalla nostra bella casa di famiglia, posta strategicamente in collina, fra Vomero e via Caracciolo. Lo vedevo e mi sembrava a portata di mano.

Mi sembrava, però, perché non solo il Vesuvio e Mergellina, visibilissimi, erano però lontanucci ma anche perché il mare balneabile ci chiedeva, negli anni cinquanta e successivi, un vero e proprio mini viaggio. Si andava a Lucrino e, anche se non “vestivamo alla marinara” per censo e calendario, avevamo anche noi le nostre abitudini, i rituali borghesi di quegli anni. Lucrino, per i non napoletani è una località inesistente, la lunga spiaggia che permetteva a numerosi stabilimenti balneari di offrire servizi come le classiche cabine e una struttura permanente che era accesso alla spiaggia ma anche bar, ristorante e perfino pizzeria. Fu anzi proprio a ridosso del pizzaiolo, in un emblematico Lido Napoli, che appena seienne vidi materializzarsi quasi per magia la pizza napoletana classica. Allora si era ancora essenziali e le alternative note erano due: la pizza marinara e la Margherita. Piano di lavoro semplice, a differenza degli attuali dove trova spazio perfino l’ananas, possibilmente fresco ma ci vedi decine e decine di ingredienti che vanno dalla salsiccia al peperoncino alle cozze & vongole.

Se in casa Tognazzi c’era un’allegra confusione che metteva assieme Gassman e Tognazzi, col secondo che cercava di tenere l’amico e collega lontano dalla depressione di cui pare Gassman soffrisse, la cronaca giovane del figlio non cita tutti i tanti aspetti mondani, come i tornei di tennis ma si sofferma su memorie infantili come le cure materne per le inevitabili spallucce arrossate, lenite col bianco d’uovo. Anni semplici in cui accanto a due tipi di pizze trovavi il bianco d’uovo ad empirico uso lenitivo.

Se Tognazzi, cui aggiungo io Gassman che era contiguo di villa, era ospite illustre del litorale romano, noi a Lucrino ci accontentavamo di Nino Taranto la cui villa, al di la della strada, quella che proseguiva per Capo Miseno, era additata come il top della mondanità, mentre ricordo che facevamo il bagno a mare con un Carlo Croccolo, giovane attore napoletano notissimo allora che teneva in testa una cuffia da mare, accessorio allora non solo femminile. Come eravamo allora non lo so più ma so che non sempre mi piace come siamo, incapaci di organizzarci oggi, in tre o quattro per bloccare un furioso omicida.

CONTROMATTINALE 177/22

A volte i simboli ci vengono incontro senza che noi si sia fatto nulla per questo ed è, appunto, anche più notevole. Questa mattina a radio Rai 3 la rassegna della stampa internazionale che va avanti per cinque giorni alla settimana era sostituita, oggi sabato, da musica classica. Il concerto per piano ed orchestra di Serghej Rachmaninov mi ha accolto in bagno. Il buffo è che forse sessant’anni fa il primissimo disco che corredava il giradischi che pomposamente esibiva due cassette sonore separate che qualcuno mi regalò, penso fosse appunto quello. Non basta, perché il radiogiornale mi ha segnalato un brutto caso di cronaca nerissima accaduto a Civitanova Marche. Una zona che non frequento da almeno quarantacinque anni quando ero un giovane dirigente di un’azienda locale come responsabile della sede milanese della società industriale.

La memoria può essere scritta sia in minuscolo che in maiuscolo. Se vi parlo della mia memoria personale uso la emme minuscola ma se dovessi intendere quella storica, la Shoà per intenderci, la lettera maiuscola mi diventa obbligatoria. Oggi vi sto raccontando di memorie minute, di vissuti personali perfino angoscianti. Archiviata da tempo l’azienda di Potenza Picena, fallita da decenni e non per mia responsabilità, apprendo di un bruttissimo episodio di cui vi accennavo. Pare che a Civitanova dove credo mi capitasse di scendere raramente, quando utilizzavo il treno, un barbone disabile munito di stampella, sia stato ucciso da un qualche cittadino giustiziere fai da te. Non si tratta certo di un evento eccezionale ma quello che mi colpisce è il contorno. I bravi cittadini civitanovesi che non solo non intervengono ma, addirittura, si soffermano a registrare il tutto nei loro cellulari.

Mi domando con un qualche sgomento cosa pensino di farne. Di inviarli in Procura come possibili prove di reato o, piuttosto, farsene vanto on line, in gruppo circoscritto ma perfino in pubblico? La civiltà dell’immagine è piena di episodi e perfino di filoni criticabili ma anche penetrati ed accettati. Non prendo le difese d’ufficio nei confronti del poveraccio. Sarà stato magari un invalido molesto, un finto invalido accattone, un alcolista che lordava le linde strade e spiagge marchigiane. Ma la vita umana è oggi così tanto squalificata da farci imbattere in chi applaude nel sentire di naufragi e morti per annegamento e, certo, non si tratta di elite culturali e sociali che vengono in vacanza ma di poveracci, analfabeti o laureati in patria ma tutti in cerca di fortuna. Una cosa è dire, a giusta ragione, che i problemi del Terzo mondo vanno affrontati in loco e altro è negare assistenza a chi sta morendo o, comunque, sta correndo questo rischio. Eppure abbiamo in campagna elettorale politici che non solo proponevano respingimenti ma, addirittura, criminalizzavano coloro che pattugliavano il mare per prevenire le tante tragedie, note e spesso ignote, senza nome e senza i nomi delle tante vittime mai identificate. Da Mare nostrum a Mare mostrum?

CONTROMATTINALE 176/22

Purtroppo sono ormai abbastanza attempato, vecchio? per ricordare le elezioni italiane della fase democratica e post fascista. Al netto del referendum istituzionale che ci liberò, non del tutto purtroppo dei Savoia, ho una qualche confusa memoria delle elezioni politiche, precedute da altre che erano politiche ma soprattutto istituzionali e stiamo parlando di quarantasei e quarantotto quando avevo quattro e sei anni. Ricordo ancora alcuni momenti familiari con mio padre , il nonno e un paio di zii che discutevano pacatamente ma di loro quattro avevamo un solo elettore, cittadino italiano, mio zio che aveva perso la cittadinanza italiana in seguito all’aggressione alla Grecia e che col recupero della democrazia aveva recuperato anche piena dignità civile.

Nel corso di tutte le elezioni e relative campagna elettorali ci agitavano lo spauracchio della mano sovietica ma anche, sul fronte opposto, quella dello zio Sam, come dicevano allora. Se compravi una matita che arrivava d’oltre cortina ci dicevano che stavi finanziando il partito di Togliatti ma se compravi la rivista Selezione stavi facendo analoga operazione, di segno opposto. Poi iniziai a frequentare proprio un autorevole dirigente della testata, il responsabile della pubblicità, si era attorno al sessantadue, e mi resi conto da solo di quante balle ci venivano vengono e verranno propinate. Infatti, se Berlusconi era pronto a giurare pochi anni fa sulla sincera adesione di Putin alla democrazia, adesso trovi chi è pronto a giurare che la crisi politica in atto sia stata ispirata dallo stesso amicone Putin.

A costo, non solo di apparire ma anche di essere uno sprovveduto, tendo a ignorare tutte le notizie da sottobosco che ricominciano ad affiorare, sia sull’origine della crisi politica odierna che sugli obiettivi che l’avrebbero generata. Se un tempo ci era difficile comprendere chi avesse ordinato la morte di Giuliano e Pisciotta, del generale Dalla Chiesa e dei sindacalisti, chi le bombe nei treni e chi i tanti morti eccellenti, chi fosse davvero Gelli e chi Andreotti, oggi ci è meno oscuro percepire chi voglia interferire nelle nostre scelte nelle urne. Pochi minuti fa sentivo parlare di un documento che scotta, relativo alla crisi attuale, citato autorevolmente da Giannini direttore della Stampa. Documento fisico o indiscrezione? Tutti gli indignati interessati chiedono a gran voce la pistola fumante, la prova provata. Buona o mala fede, in genere dico, al di la del singolo episodio?

Da troppo tempo ci raccontano di tutto e poi tutto viene insabbiato, si ferma in tribunale o in composizioni informali. E allora diciamo basta ai dossier segreti e ai si dice. Lo so, sono un inguaribile ingenuo ma troppe trame segrete ci vengono proposte a corrente alternata mentre la corrente elettrica potrebbe essere perfino a rischio, già entro pochi mesi. Allora meglio agitare brutte storie del passato che ci facciano rimandare quelle odierne, come il nostro attuale consumo in deficit delle risorse naturali, ogni anno sempre più anticipato ed irreversibile pare. Infatti se ne parla poco, non avendo correttivi da proporre seriamente.

CONTROMATTINALE 175/22

Ci risiamo, è il momento dei sondaggi, espressi a gran voce da sondaggisti, spesso signore ancora bellocce come “la Ghisleri”. Un nome che mi riporta indietro di mille anni, ad un Ferrochina Bisleri che era uno degli ultimi sopravvissuti di una serie di alcolici in gran voga nei due secoli precedenti. Io stesso sono obsoleto e per me, un tempo, c’era solo la Doxa, poi seguita dai suoi scissionisti che crearono la Demoskopea, Fabris con un altro, un Erminero e anche da nomi persi nell’oblio da molti decenni. Se, ad esempio, vi citassi Pietro Gennaro non capireste ed è giusto così, siete giovani e non addetti ai lavori. E Salamon vi dice nulla? Bravi, ma io non penso alla figlia ma al padre, numero due della Doxa e braccio destro del fondatore Luzzatto Fegiz.

Fu anzi proprio Luzzatto Fegiz che mi passò al suo,allora, giovane e brillante assistente e dirigente Doxa, Ennio Salamon, un personaggio che ho poi ritrovato, dopo decenni, addirittura per contiguità familiare. Due miei nipoti negli anni ottanta vivevano con due Salamon nella stessa casa milanese del Garibaldi e non era convenienza ma proprio coinvolgimento sentimentale. Poi la Salamon accentuò il suo odio anti capitalista mentre il fratello lo recuperava sia in Doxa che con iniziative moderne, ecologiste ma elitarie.

Come dire che coi sondaggi potrei sostenere di essere stato culo e camicia ma ho sempre usato camicie non lunghe e quindi quel vecchio detto mi si addice poco o nulla. Diciamo che, dopo lunghi anni in cui ero studente ed intervistatore, le ricerche non solo le ho gestite ma anche utilizzate lungo tutta la mia vita professionale. Adesso, al di la di nomi nuovi, al di la della scomparsa di personaggi equivoci pronti a venderti una ricerca dal risultato garantito preconfezionato, posso garantirvi che il dato di oggi si rivelerà difforme da quello di fine mese e di fine agosto. Difforme soprattutto da quello di fine votazione.

Non voglio mica dire che non servano e così come all’uomo di marketing è utile sondare “atteggiamenti e vissuto” di chi si sbarba quotidianamente, altrettanto prezioso è, per il politico, valutare gli spostamenti nel tempo delle intenzioni di voto. Va bene ma, per piacere, non pubblicatele perché non so quanto interessi alla signora Mariuccia (mitico personaggio che citavamo fra addetti ai lavori) essere tenuta al corrente degli spostamenti di gradimento. Tanto abbiamo capito che a breve ci toccherà fare i conti con la Meloni e non il Conte con le angurie.

CONTROMATTINALE 174/22

“Tanto tuonò che piovve” è una frase che ci proponevano al liceo o forse anche prima, come esempio utile alla conoscenza della retorica. A quella frase se ne contrappone una identica ma con l’aggiunta di un non, ovvero non piovve. Ci pensavo stanotte o addirittura stamattina, ora impossibile e tuoni continui e perfino sovrapposti. Alzatomi brevemente ho visto la fondamenta bagnata e questo mi ha brevemente rassicurato. Infatti adesso e già da parecchio, fondamenta asciutta o quasi. Non sono affatto un esperto ma orecchio come la tropicalizzazione della nostra penisola si esprima anche con le piogge, sempre più brevi, a scroscio e perfino dannose. Già ci dicono che la vendemmia quest’anno potrebbe essere anticipata ma, quel che è peggio, molto ridotta a causa di vigneti i cui frutti sono irrimediabilmente persi, per quest’anno.

Se accanto a fenomeni naturali mettiamo le scelte speculative dei mercati ortofrutticoli, non stupisce apprendere come la corsa inflazionistica sia ripartita alla grande, creando apprensione per il prossimo autunno. D’altro canto non serve un Nobel in Economia per comprendere la serie di concause che concorrono,da un lato alla crescita dei prezzi ma anche a deprimere il mercato. Se il carburante per autotrazione, necessario per portare dai campi del Sud ai mercati del Nord le frutta e gli ortaggi cresce di prezzo, se i costi finanziari praticati dalle banche, a loro volta condizionati da scelte a monte, aumentano, è banale prevedere che si scaricheranno sul prezzo al banco del supermercato e, anche di più, presso le sempre più rare gioiellerie, quelle che ti vendono ciliege, uva e susine, come gemme preziose.

Ieri sera ho seguito quasi per intero una trasmissione su Rai Tre che ci introduceva, fra l’altro, ad una campagna elettorale per ora priva di programmi ma tutta tesa verso alleanze, possibili ma escluse, probabili ma chissà, vedremo. Correrà quel vecchio panzone accanto al giovane rampante emerso da poco? I duri e puri scenderanno a ulteriori compromessi pur di evitare di schiantarsi in fase di atterraggio? Il così detto partito degli astensionisti, ma che partito sarebbe, ci basta già quel Partito cui fa schifo essere partito e infatti si divide, si sbugiardano e squalificano fra di loro mentre il nipote del regista in odore di pedofilia, lo scomparso e non il nipote poveretto, giura di volare da solo e magari punta a convertire gli astensionisti. Chissà allora se spera almeno su una o due sedie (va bene si dice seggi ma la sedia, l’antica cadrega meneghina funziona molto meglio) e se cambierà atteggiamento ad urne chiuse e spoglio effettuato.

A costo di apparire un becero qualunquista mi domando e giro a voi il quesito: i politici prendono mai un tram o un treno su percorsi secondari e classe unificata? Vanno mai al mercato, non a vendere se stessi ma a comprare le frutta? Al cinema di quartiere e in parrocchia di periferia? In biblioteca di zona? Noi tutto lo facciamo e dovremmo adottare il nostro rappresentante, portarlo in giro un giorno all’anno per mostrargli come vive la famiglia media ma anche il cassintegrato o l’ormai respinto definitivamente dal mondo del lavoro. Certo, anche i giovani ma quelli pensano di seguirli on line mentre si dovrebbe andare negli oratori come nei baretti periferici, nelle scuole e nelle officine. Le prime le abbandonarono all’epoca, le seconde non sanno nemmeno che esistono. Tanto ci sono gli autisti a fare tagliandi e manutenzione e quando giocano a fare volantinaggio davanti ai banchi del mercato li vedi spaesati. Ti credo, pensavano di essere guidati all’ Esselunga mentre scoprono, stupiti, l’esistenza di mercati, quasi come erano ai tempi dei loro genitori.

CONTROMATTINALE 173/22

E’ evidente come sia iniziata la campagna elettorale con tre partiti della destra che sono d’accordo su poco o niente, salvo sperare di poter esprimere il futuro capo del Governo. Un nome ed uno solo? Macché, perché all’autocandidatura al femminile si contrappone un disarcionato sicuramente e forse anche Salvini. Quest’ultimo ha appena ricominciato a frequentare il barbiere e chissà se questo non sia un segnale di maturazione generazionale. Quando si esibiva, alcune estati prima, in spiaggia, forse sentiva il bisogno di apparire più maturo rispetto ai tempi delle recenti ragazzate, quasi teppismi. Oggi, ormai convenientemente frollato per i vizi capitolini, è tornato dal barbiere, nuova campagna elettorale, nuovo look.

Una persona che non è mai andata dal barbiere, per fortuna aggiungo, è Maria Rosaria Garfagna, ministro in carica. Lo so, è più nota come Mara che è un nome più televisivo che salernitano, come è piuttosto quello che appare nei documenti personali. Se vi dicessi che non l’ho mai incontrata non vi stupirei ma lo dico solo perché ci fu invece una stagione in cui frequentavo Iva Zanicchi e Marco Columbro, Gianni Boncompagni, la sua spalla maschile e la sua preferita vittima femminile. Essì, parlo del figlio naturale di Rascel e di quell’altra di cui ormai non ricordo nemmeno più il nome, a segnare come fosse determinante in ambiente televisivo. Fra studi televisivi Rai e Mediaset, fra Roma, Cinisello e perfino Segrate, ero di casa in televisione, oltre naturalmente ad avere in casa la televisione, più apparecchi perfino, per esigenze professionali.

Purtroppo Mara Garfagna non l’ho mai nemmeno incrociata ma l’avevo in simpatia fin da quando, entrata in Parlamento, tagliò i capelli ed assunse look e modi adeguati all’ambiente. Non era certo emula di giovani sgallettate varie o di bellone attempate, quasi tutte satelliti del grand’uomo, esclusa Cicciolina. Da quei giorni non ricordo alcuna sua smagliatura, non penso certamente alle calze, e oggi che è ministro in sobri pantaloni o tailleur di classe, prende le distanze dal partito e dal fondatore di quello. Ci dicono anzi che l’ex palazzinaro e produttore televisivo fuori legge, l’ex contiguo alla mafia, non solo attraverso Dell’Utri, ex condannato penale e assegnato ai servizi sociali e non in carcere, solo per limiti d’età, sogna un’ennesima presidenza. Non potendo aspirare a quella della Repubblica e chissà se, sogni o deliri a parte, possa davvero se non arrivarci essere in lizza e perfino votato da qualche grande elettore, punta al Senato. Scenari che però prendo in considerazione solo per dialettica perché, anche se al peggio non vedo limiti, un tandem Draghi al Quirinale con Berlusconi numero due in quanto Presidente della camera alta, più che preoccuparmi mi fa ridere.

Leggo che Tajani dice che “Berlusconi presidente del Senato è riduttivo, può fare tutto … ” e certo, ha in alternativa o integrazione, un futuro come cantante intimista o come prima ballerina al teatro Manzoni di Milano. Peccato che il giovanotto, ex intrattenitore da crociere e tombeur de famme, già oggi abbia ottantacinque anni e per quanto megalomane, può effettivamente fare di tutto, perfino starsene a casa, quella scippata all’orfanella che, ormai, sarà perfino nonna. Gli anni passano per tutti, anche per lui, malgrado trapianti di capelli e iniezioni di dubbia composizione. Lunga vita biologica ma smetta di sognare per sé e perfino di sperare di mettere “uno dei suoi”, magari delle sue, al top.

CONTROMATTINALE 172/22

Allora ci siamo, è ufficiale, la campagna elettorale è già iniziata. Partiti e partitini si stanno dando un gran da fare, pare, non tanto a stilare programmi, tanto si sa che sono quasi sempre libri dei sogni o facciate necessarie a fingere di avere idee originali, quanto a organizzare apparentamenti. Non so voi ma io ho le idee alquanto confuse sull’attuale legge elettorale che è un mischione che spero sia noto e familiare almeno a chi lo debba gestire. So solo che l’attuale Parlamento sarà sforbiciato di almeno un terzo di scranni e quindi questo giustifica sia l’allarme di fronte a nuove elezioni, sia anche modifiche quasi contro natura. Una per tutte? I five stars che considerano deroghe possibili per i loro personaggi eccellenti che, a rigore, dovrebbero uscire definitivamente dalle Camere di appartenenza. Certo sarebbe impagabile zittire la taverna o Vito Crimi. Come dite? Ma no, la minuscola nel caso è una mia scelta politica, perché se quella torna in taverna da dove sbucava allora, non me ne rammarico ma, piuttosto, mi sembra fin troppo tardi.

Qualcuno, forse solo malizioso o, piuttosto, ben informato, compiange quel tizio che si è appena allontanato dal Movimento e adesso scopre come la sua principale motivazione nel fondare l’ennesimo partitino, fosse molto meno nobile di come sbandierava, inedito barricadero, perfino scamiciato. Cambiare le regole del gioco, mentre quello è in atto, non è affatto corretto e quindi te lo puoi aspettare e pazienza per gli elettori. Se per anni hanno accettato un comico come padre padrone, privo di mandato formale, fare loro accettare questo cambio epocale sarà un gioco da ragazzi, come un tuffo in mare e passaggio dello Stretto con seguito di fotografi e cameramen.

Ancora oggi si dibatte in termini di fascismo ed antifascismo, ma anche di comunismo ed anticomunismo. Pensare alla Meloni fascista mi fa sorridere ma molto di più rido pensando a Letta, dico, LETTA? comunista. I partiti evolvono nel tempo e se il vecchio PCI di Togliatti era post sovietico ma orgogliosamente comunista, se Michelini ed Almirante erano più che nostalgici, perfino orgogliosi del loro essere stati neri quando il Fascismo aveva strozzato l’Italia, la Meloni può non piacere, e a me non piace per nulla, ma fascista non lo è.

Lo so, mi sono sbilanciato spericolatamente, nel caso della Meloni. Unica donna della triade di destra si trova al fianco di due beceri maschilisti, nella teoria e soprattutto nella pratica, come attestano soprattutto il bunga bunga e il tipo di frequentazioni sessuali del Caimano. Eppure, sarà forse proprio per la sostanziale impresentabilità dei due suoi comprimari che “la Meloni” emerge e vinca il migliore. Ma, insomma, fascista e comunista esistono ancora? Certo che sì, hanno cambiato pelle, in Italia hanno accettato le regole della democrazia strizzando l’occhio ai nostalgici. E nei Paesi in cui quei regimi sono stati al vertice, anche di recente? Si adeguano e infatti non so dire se Putin oggi sia vetero comunista o neo fascista ma so che piace molto a Berlusconi che lo considerava un amico e questo è un dato interessante, non tanto per capire Putin quanto per temere Berlusconi che, dicono, si candiderà.

CONTROMATTINALE 171/22

Oggi che è domenica cercherò di tenere fede al mio vecchio impegno, quello di utilizzare le domeniche per trattate temi leggeri, al limite del futile. Ho intrasentito in radio la notizia della nozze fra “la Pascale e la Turci” e confesso che mentre per la prima mi si è accesa una flebile lampadina che la poneva, anni fa, al seguito del disarcionato, allo stesso livello di Dudù, adesso la vedo, irriconoscibile per l’acquisita maturazione e per la gioia dell’evento, mentre per la seconda nulla ricordo, nome a parte. Gente di spettacolo? Non vi annoierò con le mie considerazioni avverse ai matrimoni gay, forse sbaglio ma sono un pelo tradizionalista in queste faccende e mi sarebbe troppo facile una battuta sulla reazione in chiave omosessuale di una Pascale, dopo aver frequentato il letto del vecchio vizioso.

Sono tradizionalista al punto di cercare di interpretare in chiave psicologica la parabola di Giuliano Ferrara, uno che da ragazzino era in braccio al “migliore”, ovvero al massino rappresentante della sinistra italiana, privilegio determinato dal padre, Maurizio Ferrara che era molto vicino al partito ed ai suoi massimi esponenti. Poco dopo, credo a Valle Giulia, il giovane era ancora a sinistra e ci furono foto in cui, già sovrappeso, fuggiva inseguito dalla Celere. Era un momento in cui poteva ancora girare per Roma in motoscooter con giovane compagna sul sellino posteriore ma poi me lo trovai in un volo Roma Milano, nella stessa fila di posti e meno male che fra noi due ce n’era uno libero perché serviva a contenere tutta la massa che un sedile solo non sarebbe mai riuscito a fare. Era già, decine d’anni fa, la stessa massa informe e debordante che vedevamo in televisione, quando teneva una rubrica salottiera, fra politica e costume.

Ci dicono che Ferrara, Giuliano, dopo decenni di love story politica con Berlusconi, oggi è in parabola discendente e ci fa sapere che voterà per il PD. Un ritorno alle origini, al padre che scrivo minuscolo pensando a Maurizio, ma potrebbe essere anche maiuscolo, per un ormai senile ritorno alle origini. Chissà cosa possa aver fatto ricredere Ferrara figlio rispetto a Berlusconi,lui stesso padre ma anche figlio e chissà, forse anche aspirante Spirito santo.

Last but not least, ieri sera ho visto da qualche parte le bandiere del Gay pride, vulgo orgoglio omosessuale e, fra queste, la foto della bandiera arcobaleno col maghen David al centro, alla faccia di chi considera il mondo ebraico poco moderno o, addirittura, arcaico. A questi distratti o disinformati ricorderò l’impegno civile e relativo tributo di sangue in Argentina e in Cile, ma anche in Sud Africa, contro l’apartheid, mentre certa sinistra vorrebbe raccontarci un Paese e un popolo della Diaspora, bacchettone, monolitico e politicamente tutto spostato a destra.

CONTROMATTINALE 170/22

Ero poco più che un bimbetto quando circolava fra noi una strana tavola che recava lettere dai vari corpi, colori e grafica. Dopo un primo momento di difficoltà era possibile leggere il testo correttamente e questo recitava “Too much sex makes you short sighted” e mi è tornato alla memoria un attimo fa quando, seduto di fronte al Mac, mi sono accorto di qualche improvvisa difficoltà visiva. Spero, senza crederci molto, che possa essere un fenomeno di poco conto, mendace per il sex e, soprattutto, momentaneo. Il gran caldo fa brutti scherzi e spero sia tutto lì. Insomma, se troverete più errori rispetto al mio standard medio ne conoscete l’origine.

Ieri sera ero al centro di una tavolata che vedeva un folto gruppo di amici festeggiare l’amica ultra novantenne il cui compleanno cadeva in queste ore. Forse non del tutto a caso mi sono trovato seduto a fianco del genero della festeggiata, un medico in pensione che, coerentemente, aveva di fronte un suo collega, pensionato anche lui. La splendida cornice del canale giudecchino, si cenava all’aperto, col mare a poco più di un metro, incoraggerebbe una cronaca natural turistica ma non sarà affatto così. Anzitutto vorrei rimarcare come, ancora una volta, al di la della festeggiata, almeno nella terna di uomini, tutti e tre pensionati, ero il più attempato. Poi, e questo è più interessate da raccontarvi, due medici ospedalieri seri, di cui almeno uno, quello che conosco da tempo, scrupoloso e orientato sia alla cura dei pazienti che alla ricerca scientifica, portata avanti in tandem con la moglie, più giovane di lui di parecchio e tuttora in corsia.

Fra i vari temi emersi ho colto, non tanto stupito quanto amareggiato, il riproporsi di vecchie problematiche arcinote e penso al rapporto difficile fra sanità pubblica e privata, con la vecchia cricca di Formigoni & compari sostituita in Lombardia da altri ma con identiche modalità di sempre. Ciò che però ha richiamato maggiormente la mia attenzione è la faccenda secondo la quale l’ospedale privato, quello di don Giussani, riesce ad accaparrarsi, spesso in maniera indiretta, ricercatori e loro ricerche che, nati nel pubblico, vengono poi proposti come incubati e generati nel privato. Una vecchia diatriba che, pur col passare degli anni, non sembra gran che modificata.

Ciò che sembra sia radicalmente modificato invece, sono i congressi clinici che hanno smesso, almeno per ora, il loro risvolto ambiguamente promozional turistico. Fra pandemia e nuove tecnologie si può seguire e perfino intervenire direttamente dalla propria sede, se non perfino da casa e si raccomanda abbigliamento adeguato. Sono trascorsi ormai troppi decenni da quando seguivo ben due società amiche che erano specializzate in turismo congressuale. Per la verità quella che apparteneva ad una coppia, lei interprete parlamentare, lui americano colto ed alternativo, era talmente outstanding che riuscì non solo a organizzare un congresso per la NASA ma la mia amica fu invitata perfino ad un volo su un caccia dell’USAF il cui racconto a caldo mi esaltò.

Peccato che successivamente sia il piccolo imprenditore che i due grandi imprenditori, soci e coniugi ormai attempati anche loro, chiusero mestamente l’azienda, con lei tornata a scrivere articoli scientifici per testate iper specialistiche e il marito, vivo ma disperso.

CONTROMATTINALE 169/22

Siamo ormai nella terza decade di luglio e potrei facilmente segnalare il caldo e tutte le conseguenze, sia fisiche che politiche di questo momento. Forse lo farò ma prima vorrei fare un salto indietro di più di settant’anni, a quando, in questa stagione, ingenuo bimbetto assistevo da lontano a fenomeni gravi e gravissimi di cronaca nera. C’erano rotocalchi, specie di Rizzoli, che calcavano la mano passando dalle gesta del bandito Giuliano alla sua morte, messa in scena in favore di fotografo per non farci sapere come fosse stato ucciso nel sonno, dal suo stesso cugino Gaspare Pisciotta, poi eliminato da un caffè al veleno, preparato in cella dal suo stesso padre. Era importante tenere occupati gli italiani dalla Cianciulli, la famigerata saponificatrice delle sue vittime, a quella tizia che massacrò i bimbetti, figli dell’amante, a quell’altra che non abortiva, uccideva gli appena nati e li occultava tutti in un armadio, in casa. La nera copriva così orrori politici e sociali coevi che poi abbiamo perfino studiato, non so però con quanto profitto.

Non voglio orripilarvi ma solo trasferirvi il mio stesso orrore di quegli anni, quello che provavo ogni volta mi imbattevo, superando le censure dei miei genitori, in cronache appunto orribili, spesso corredate di foto perfino più orribili della loro descrizione. Passano gli anni ma, puntuale,in ogni estate abbiamo più di un caso di cronaca nera che fa da protagonista. Archiviato, illo tempore, l’omicidio che resta senza colpevole della segretaria assassinata nello studio legale in cui lavorava, assolto tardivamente un poveraccio di portiere, comodo agnello sacrificale di turno, oggi abbiamo quella mamma più che trentenne che abbandona per giorni e giorni la bimba che ha appena un biberon e che è stata lasciata morire, letteralmente, di fame.

Tristezza per la povera bimbetta, tristezza per una donna che rifiuta la maternità nel modo peggiore possibile ma anche per quei Media e soprattutto per quegli estensori di articoli che sull’episodio infioretteranno storie estive, storie che le signore borghesi si passeranno stando in spiaggia, sotto un ombrellone. Meglio occuparsi di cronaca nera raccapricciante che di una crisi di governo che ha nomi e cognomi precisi ma che l’arte manipolatoria di alcuni giornalisti prezzolati vorrebbe ribaltare.

Notare anzi la finezza che ci ripropone come “cavaliere” uno che, a causa delle numerose condanne, scontate ai domiciliari e con lavori socialmente utili che quello trasformava in show da strada, non è più degno di quell’onorificenza repubblicana. L’ex cavaliere che un tempo citavo come disarcionato, da corresponsabile della crisi politica in atto millanta responsabilità terze, estranee al suo partito aziendale. Se poi due suoi sodali di sempre non ne possono più perfino loro, e sono Brunetta e Gelmini a mollarlo schifati, malgrado il loro pluridecennale stomaco robusto, vengono perfino trattati da traditori nei multimedia del disarcionato, ridefinito senza pudore e giustificazione, “ca va lie re”. Basta credere alle bugie, alla puttanella nipote di Mubarak e al mafioso stalliere e tutti i deliri diventano realtà, mausoleo in giardino incluso.