CONTROMATTINALE 172/19

Un attimo fa leggevo un titolo che ci riportava un Cacciari indignato per l’indecente accordo in atto. Avevamo, davvero, bisogno che ce lo rimarcasse lui? Talmente indecente e contro natura che il giornalista, oggi ma già da ieri alla rassegna stampa di Radio Rai 3, ha detto, più di una volta, “patto Cinque stelle Lega”, tanto per non scomodare i freudiani. La redazione, sempre molto attenta e puntuale, in questi frangenti, non è intervenuta a correggere l’evidente errore ripetuto. Anche loro freudiani?

Per quel vocabolo trovo la seguente definizione: “Discontinuità sostantivo femminile. Interruzione che si ripete nel tempo e nello spazio, mancanza di continuità”. Un nuovo esecutivo, all’insegna sbandierata della discontinuità, non può essere, per definizione, un governo “bis” come già definiscono il Conte Bis. Una specie di ossimoro cui ci abituarono i DC di una  volta, con le famigerate convergenze parallele, evidentemente immarcescibili.

Perfino nel vocabolo dis-Conti-nuo, trovo l’esortazione a fare fuori Conti ma, su quel nome, i grillini non transigono, come anche il fratello di Montalbano fermo nel suo veto, pare, per i primi quindici minuti. Il toto ministri non è un tema che mi appassiona e scommetto, neanche voi ne fate un dramma ma se sento i soliti nomi mi domando e vi domando, dove sia la discontinuità sbandierata. Orbo io o ipocriti, molto ipocriti i nostri politici, aspiranti governanti? Posso capire la disperazione dei grillini, oggi grullati ai loro minimi storici e valutati sotto il dieci per cento. Capisco molto meno i compagni del Partito Democratico, pronti  a tutto pur di non andare al voto e di evitare l’ascesa di Salvini. Possibile che nella loro sostanziale posizione di forza relativa, ancora una volta, i PD si facciano sbertucciare e prevaricare dagli ultimi arrivati? Possibile poi che il probabile accordo, costruito coi tempi di Mattarella, debba poi essere valutato e approvato dalla base grillina, mediante referendum on line? Un metodo, fra l’altro, che fa acqua da tutte le parti ma che millantano come il sublimato della democrazia moderna, quella del grande fratello?

Ci sono tatticismi inaccettabili in politica. Evitare l’espressione del volere popolare non è democrazia ma una bella porcata.  Chi mi conosce sa che non sono accanto a Salvini e che mai lo voterei. Dirò di più. Per come si è mosso, negli ultimi giorni, mi è parso passato dai bagni di folla, bagnanti in costume, al ring da pugile suonato. Una reazione immatura e preoccupante, se arriva da uno che vorrebbe governarci. Arriva da uno che annuncia la crisi e poi si volta indietro a cercare chi fosse stato, per prendersela con quello, ovvero con se stesso. Non mi piace uno schizofrenico che ha un poker in mano da lui stesso servito e che, nel timore di una scala reale in mani avverse, abbandona il tavolo invece di rilanciare.

Eppure, se c’è un caso in cui il ritorno alle urne sarebbe un dovere della democrazia, quella autentica e certificata, è quello di oggi. Se un tempo votare, a distanza di un anno, non aveva senso, oggi la volatilità dei consensi è cosa del tutto nuova. Già un pesante ridimensionamento dei Five stars sarebbe un momento di verità. Poi, un Salvini vincente non  fa paura, specie oggi che abbiamo un’ Europa meno rigorosa sui conti. Ho scritto conti, non Conti  su cui sarei più che rigoroso, inflessibile. Fuori dalle palle.

 

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