CONTROMATTINALE 206/20

Ieri sera, secondo alcuni  miei amici personali di Facebook, cui si sono subito accodati altri, a me quasi sconosciuti e al traino dei primi, avrei commesso una gaffe grave. Può anche darsi ma se nella mia pagina mi limito a riprendere una notizia giornalistica questo non significa che io sposi quella tesi ma solo che vorrei discutere quel tema che mi sembra interessante, di cui so poco o nulla e che vorrei approfondire.

Da amici addetti ai lavori, per intenderci giornalisti di lungo corso, mi sarei aspettato un’integrazione o smentita rispetto alle notizie riportate dalla testata quotidiana. Il tema è quello  del patrimonio dell’ex PCI e delle sue successive metamorfosi, ritenuto particolarmente pingue  in termini di immobili,, forse iper valutati dal giornalista malizioso ma inoppugnabili nella loro esistenza. Un immobile, lo dice il vocabolo, non lo sposti anche se lo si può occultare, grazie ad  un Catasto inattendibile e in arretrato da sempre.Possibile iper valutazione  economica ma non lo si può ignorare.

Va bene, il titolo è malizioso ed attribuisce a Bersani quel patrimonio che, essendo lui al momento segretario del partito, era ed è tuttora, piuttosto,  in capo al partito. Ovvio che una testata che milita sul fronte della destra spari titoli che, molto spesso, sono fuorvianti rispetto al contenuto del pezzo cui fanno riferimento ma ieri sera ci si è divertiti ad esercitare il tiro al piccione, io, senza mai entrare nel merito. Non solo le persone gregarie che commentavano usando il minimo di vocaboli, “mi associo”, ma soprattutto coloro che stimo e da cui mi sarei aspettato contro argomenti. Non basta ricordare quanto,  poco o tanto sia, da sempre, svaccata questa o quella testata giornalistica. Se mi diffama la querelo, non faccio spallucce perché, si sa, la calunnia è un venticello, eccetera. Dove è la denuncia del Partito?

Anche le pietre sanno che sono cresciuto a Napoli ma pochi sanno che Gerardo Chiaromonte, esponente di spicco del Partito nel corso del secolo passato, deputato, direttore dell’Unità, presidente di Commissione anti mafia, insomma non un peone, aveva sposato la cugina di mia madre, Bice Foà ed erano entrambi architetti, anzi lui ingegnere credo. A Napoli abitavamo vicini,  li incrociavo spesso ma si era di generazioni diverse e non li frequentavo, pur seguendone le vicende personali e familiari.

Nella stessa città, oltre a personaggi come  Eduardo, Napolitano, Valenzi, La Capria e Rosi, avevamo “il matematico napoletano” Caccioppoli, l’ingegner Cosenza che progettò l’Olivetti di Pozzuoli e che teneva come animale da compagnia, in casa, un leoncino e anche un senatore Palermo che si faceva servire a tavola dal cameriere in giacca e guanti bianchi.

Cito tutti loro perché nel mio microcosmo napoletano degli anni sessanta, direttamente o indirettamente li conoscevo e posso testimoniare le differenze comportamentali fra i due deputati, col Palermo nobiluomo e con Chiaromonte austero e molto serio, in pubblico come in privato. Dirò di più. La nave scuola che mi introdusse  ai piaceri della carne era anche l’amante segreta di un autorevole personaggio di quel giro e da lei appresi fasti e nefasti relativi comprese le feste molto particolari che in un faraonico appartamento di villa Lucia, al Vomero, avevano luogo, presenti tutti i già citati e le loro donne, fino all’alba. Più che la vodka pare fossero le bottiglie di champagne francese ad accompagnare l’immancabile caviale russo.

La morale? Non ce l’ho. Sono però abbastanza anziano per ricordare ma non abbastanza per rifiutare di apprendere ancora come mi insegnavano mio nonno e mio padre che “studiavano”ancora,  a ridosso dei loro novanta anni .

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