CONTROMATTINALE 63/21

Ricordate la spensierata posizione di Boris Johnson sulla pandemia? Negarla non gli servì a scongiurarne le conseguenze e dopo essersi beccato lui stesso il virus da cui uscì più scarruffato che mai, ha poi lanciato una massiccia campagna di vaccinazioni. Il guaio è che al di la di promesse e di accordi fin troppo informali, i vaccini non bastano e dunque gli inglesi hanno cercato di mettere le mani su impianti italiani, quelli di una multinazionale del farmaco che pare avesse aderito, dirottando gran parte della sua produzione. Per fortuna è intervenuto Draghi a bloccare questa operazione scellerata.

Ricordiamo tutti, credo, il tira e molla che il Regno unito ha attivato con la vicenda denominata Brexit. Quando Br è arrivata ad exit lo sgomento fu non solo nostro ma anche di molti di loro. Però, una volta fatta la frittata, è impossibile tornare alle uova di prima. Un divorzio inevitabile, gestito col massimo possibile di correttezza reciproca. Adesso, però, che avrebbe fatto maledettamente comodo a loro di essere ancora dentro, non possono mica fingere di non essere fuori. Al di la dei nostri lavoratori o studenti in difficoltà si è scelto, sia pure da una maggioranza risicata, di allontanare le sponde della Manica e dunque, che si arrangino e ci lascino nei nostri guai che già, anche senza i loro interventi, non sono pochi e nemmeno lievi. La superficialità con cui sono stati stilati i contratti di fornitura pare lasci spazi enormi di discrezionalità da parte dei fornitori di vaccini. I tempi di copertura, qui in Europa, si dilatano al punto che ci dicono che prevedono di raggiungere la copertura vaccinale ottimale prima dell’Estate. O forse in Autunno.

Chi promette, o solo si limita a prevedere, sembra non capire come le incertezze, Primavera, Estate o Autunno non sono solo stagioni ma, in questo caso, scadenze. Famiglie che cercano di capire se arriveranno ancora sussidi. Altre che vorrebbero sapere se lo sfratto che è stato sospeso verrà riattivato e quando. Altre che temono licenziamenti, formalmente congelati ma poi arriveranno e saranno dolori individuali ulteriori, per non dire dei problemi sociali di massa che si incancreniranno.Passata la prima ondata del virus, sopportata con filosofia e con canti di quartiere liberatori, da finestra a balcone, passata anche la seconda, già con qualche nervosismo in più, alla terza si comincia ad essere stufi. Stufi dei disservizi plateali cui assistiamo direttamente o per passa parola.

Ci avevano parlato di categorie fragili da privilegiare e così sembrava che gli ultra ottantenni dovessero essere già tutti vaccinati ma non è così. La macchina organizzativa è, appunto, molto disorganizzata. Ci raccontano di anziani costretti a viaggi di decine di chilometri da casa, anche se disporrebbero di un centro vaccinazioni sotto casa. Ci raccontavano, prima dell’emergenza, di come siano più efficienti le Regioni a guida leghista. L’articolo di Mattia Feltri di oggi affronta il tema con ironia affilata e denuncia tutte le falle gravi nella proverbiale organizzazione lombardo veneta. Ci sono zone d’Italia in cui anche i settantenni hanno già ottenuto la loro seconda dose mentre io che mi avvio a breve verso gli ottanta e vivo a Venezia, non so nulla su tempi e modi di somministrazione. Si favoleggia, anzi, che dovremo essere noi a farci vivi con le ASL di riferimento, magari via web, magari prenotando in un sistema che pare sia già saturo, impazzito e non in grado di fare il suo mestiere. Ma, banalmente, non abbiamo da sempre i codici di avviamento postale? Non siamo inseriti in ASL con competenza territoriale? Non sarà che poi, da Venezia città, sarò costretto a recarmi dal lato opposto di Mestre, all’ospedale dell’Angelo, anche se abbiamo ambulatori vicini e perfino un ospedale storico, quello stesso che “per razionalizzare”, anni fa volevano chiudere e che solo la sollevazione popolare ha mantenuto, a ranghi e funzioni ridotte, ma esiste tuttora.

Nel frattempo Israele detiene l’invidiabile record di copertura vaccinale. Certo, è un paese relativamente piccolo. Certo, ha scelto di pagare di più del normale le dosi che si è assicurato, libero com’è da vincoli comunitari. C’è però dell’altro, a mio avviso. Un Paese piccolo ma non piccolissimo, abituato da sempre a vivere in emergenza, da quella bellica a quelle terroristiche, un Paese in cui non avverti il peso di quelle cambiali se non nel fucile che i militari, anche in licenza, recano sempre con sé, l’efficienza è necessità di sopravvivenza.

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