CONTROMATTINALE 308/22

Stamattina, anzi oggi, è Natale e pur non essendo affatto coinvolto sul piano mistico-storico-religioso, non posso esimermi dall’augurare ai miei amici lettori, più o meno credenti e cristiani, buona festività. Forse avrei dovuto scriverlo usando le maiuscole ma questo è un Contromattinale, non un biglietto di auguri. Stamattina eccezionalmente non mi sono rasato e solo dopo ho riflettutto su una delle possibili interpretazioni della mia scelta. Se è vero che oggi, più di ogni altro giorno dell’anno, non ho occasione di contatti sociali, più o meno ravvicinati, è anche vero che la nascita del Cristianesimo ha pochissimo da essere festeggiata, almeno da me. Secondo la tradizione ebraica il lutto assume varie forme e una di quelle è la mancata rasatura del volto che va avanti piuttosto a lungo, come segno esteriore di lutto, assieme alla veste stracciata che attualmente credo sia la camicia.

No, non ho proprio nulla da festeggiare se considero come circa venti secoli fa una nascita ha creato grandi cambiamenti nella vita di molte persone, ha gettato le basi di lutti e perfino autentici massacri, fra pasto delle belve al Colosseo e guerre di religione che forse le usavano come coperta ipocrita ma forse anche no. In questa confusione prospettica inserisco allora un tema che è apparentemente piccolo piccolo ma che a pensarci, diventa grande grande se non, addirittura, immenso.

Il Verbo, la parola, inizialmente solo parlata e poi scritta a futura memoria, ci distingue da tutti gli altri esseri viventi e per quanto i nostri simili, i mammiferi usino la voce, non vanno oltre l’espressione di sentimenti che puoi contare su una singola mano. Noi, al contrario, comunichiamo in maniera articolata sia usando vocabolari sempre più sofisticati nel tempo, sia per scritto mentre solo di recente disponiamo di mezzi più moderni che evitano lo scritto, i video messaggi o le piattaforme digitali che mettono in relazione video ed audio, persone separate da oceani. Eppure anche oggi mi tocca leggere o ascoltare citazioni su Gesù e Maria, Giuseppe e altri nomi italiani che rappresentano altrettanti falsi storici. Non ho dubbi come per Francesco che inventò il Presepio fosse difficile usare nomi come Yoshua o meglio, Yeoshua, Miriam e Josef. Gesù, Maria e Giuseppe sono più agevoli e alla portata di tutti. Ignoro come vengano citati dai cristiani di lingua inglese o tedesca, per non dire russa e swahili.

Il Verbo, nel senso della parola che descrive, è talmente importante da spingere coloro che scrissero il Libro per antonomasia, la Torà che ci fu anch’essa scippata con l’uso di un vocabolo greco, la Bibbia, a modificare radicalmente i nomi d’origine. Gesù è un nome che non a caso è intoccabile. Se conoscete sicuramente delle Maria e dei Giuseppe, magari in versione Mary e Joseph, accetto scommesse che nessuno di voi possa citarmi un amico o conoscente che sia registrato all’anagrafe, chessò, Gesù Esposito. Un Salvatore Esposito che era mio amico negli anni novanta firmava le sue creazioni pittoriche come Nazareno Noia, convinto che quel cognome fosse, in qualche modo, di matrice ebraica. Lo lasciai in quella sua consolante idea, forse corretta o solo illusoria mentre, ribadisco, Gesù mi irrita alquanto.

So bene come l’italianizzazione dei nomi ebraici avesse solo l’obiettivo di renderne più facile l’uso, mentre Yeoshua sarebbe difficile anche oggi, pensa tu come lo sarebbe stato in preghiere che supplicavano l’intervento di Maria e santi vari per far cessar una pestilenza o una guerra che durava da decenni. Posso capire ma posso anche interpretarne la ricaduta, più o meno voluta. Se Yeoshua, Miriam &Yosef richiamano un esotico ebraico sgradito, Gesù. Maria e Giuseppe sono familiari, con Maria e Giuseppe che possono essere nomi dei nonni, degli zii e perfino di mamma e papà. Non basta, perché mutando ed italianizzando i nomi si eradica la storia che, ammesso sia autentica, vedeva una famiglia ebraica effettuare la milà del pupo (la circoncisione come è nota nella sua lingua originale, non il greco o il latino ma proprio l’ebraico). Ecco allora, come per incanto, un ebreo che passò la milà e poi divenne tredicenne adulto nel Tempio di Jerushalaim, diventa Gesù, figlio di Maria e di Giuseppe. A questo punto basterebbe farlo nascere a piazza san Pietro e tutto andrebbe a posto dopo che l’iconografia ce lo propone biondo e di bell’aspetto mentre io immagino brevilineo come erano allora e dai capelli e dalla barba corvini o, comunque, scuri. Buona nascita e relativo compleanno di Yoshua.

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