CONTROMATTINALE 90/22

Come ogni napoletano, ogni volta che scrivo novanta, specie in questo contesto, mi torna in mente la Smorfia che assegna alla paura l’abbinamento con quel numero, l’ultimo del gioco della Tombola, gioco fortemente partenopeo e pregno di significati, perfino esoterici. L’odierno dialogo con te che mi stai leggendo passa attraverso la paura, appunto. Anzi paure, come quella primaria della guerra, non solo alle nostre porte ma a concreto rischio di estensione incontrollata. Poi c’è quella sanitaria con la simbolica quarantena del nostro premier, con Draghi costretto a sospendere eventi pubblici, in attesa di depositivizzarsi. Poi c’è quella economica, determinata anche, forse, proprio dalla crisi mondiale in cui pandemia e Putin se la battono per decidere cosa sia prevalente.

In questo quadro mi tocca sentire un giornalista del Manifesto, testata certamente non di destra, contrastare un ascoltatore di Prima pagina che se la prende con Biden che, secondo lui, sarebbe artefice della crisi in atto. Arriva perfino a sostenere che gli USA sarebbero il Paese più feroce e responsabile dei peggiori massacri in età moderna. Chissà quell’ascoltatore come deve aver studiato male la materia scolastica che chiamano Storia ma, soprattutto, cosa legge e cosa fuma. Chissà ad esempio cosa sa della Shoà e, più in genere, dei milioni di civili e militari morti per le idee deliranti di Hitler. Oppure cosa sa dei gulag di Stalin, come anche degli spostamenti forzati all’interno del’URSS. E poi, ancora, della Rivoluzione culturale maoista e così via.

Immagino che ognuno di noi abbia in mente un certo numero di eventi tragici che, magari, non mitigano le responsabilità statunitensi in Vietnam ma che nulla, o quasi, hanno a che vedere con la tragedia che da mesi ormai si sta consumando qui da noi, a casa nostra, in Europa a cavallo fra noi e Putin. Oggi il rischio concreto di un’estensione del conflitto ci arriva dalle parole di Putin che minaccia e prevede il peggio.

Nel frattempo, per evitare scosse eccessive alle economie europee ci si appresta a tornare al carbone, scartato ormai da una vita per ragioni di natura ecologica. Fra inquinare e restare al freddo, fra un ritorno temporaneo al passato e una recessione economica mondiale, sarebbe folle sbandierare oggi il vessillo ecologista. Il guaio serio, per restare solo qui in Italia, è che ai dati economici ufficiali, obiettivamente preoccupanti, si affiancano quelli ufficiosi che temo non possano essere migliori dei primi. Da sempre in Italia abbiamo, al fianco del sistema ufficiale, un’economia piratesca il cui unico merito sta nel permetterci di sopravvivere, anche a dispetto dei dati che coscienzioso ci sforna, spesso tardivamente, l’Istituto di statistica, l’ISTAT. Al di la dell’angosciosa domanda sul focolaio bellico così vicino a noi e così tanto incerto, cosa dobbiamo aspettarci nei prossimi tempi, in tema di recessione e contrazione dei nostri consumi? Dovremo rinunciare al quotidiano caviale, annaffiato da champagne francese millesimato?

No, non la metto in burletta perché sappiamo tutti come a fianco di tante famiglie in serie difficoltà ce ne siano poche ma note che si stropicciano le mani, felici di extra guadagni che perfino Draghi pensa di gravare di tasse ad hoc. Lunga vita al capo del governo ma temo che questo suo più recente orientamento lo metterà fuori gioco politico.

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